Monnasilvana

Monna Silvana, la Signora Silvana è alla finestra.
Una donna d’altri tempi, osserva silente la sua città, non giudica, attende.
Le sue braccia son piene delle stagioni, del loro lento fluire.
“Quando m’affaccio e ti chiamo, tu arsij.”
E intanto i giorni diventavano mesi, poi anni. Custode senza tempo del rigore dei valori, delle radici che guardano alle rivoluzioni future dei figli e del mondo.
L’iconografia è un chiaro richiamo alle signore antiche, conosciute per nome e storia, per vicende e maestranza.
Monna Silvana veglia la città che fa di tutto per sfuggirle di mano; è testimone del tempo che fu e dell’oggi. È provocazione, muta. Non ha gli occhi per guardare. Riflessione, stupore, ritratto impenetrabile.
“Quando m’affaccio e ti chiamo, tu arsij: vai libero nel mondo ma non dimenticarti da dove vieni”.
Ciascuno vedrà nella Monnasilvana la propria interpretazione, libertà espressiva e deduzione emotiva scandita dalle vicende che le si prospettano davanti. Il rimando alle donne alla finestra, per richiamare i figli, impegnati a giocare in strada.
“Quando m’affaccio e ti chiamo, tu arsij.” Monnasilvana è icona del tempo che fu, l’unione di tradizione e futuro, per una società distratta che sembra
averli smarriti.